L'opinione del Segretario - La sfida della politica

19/08/2019

“La situazione politica in Italia è grave, ma è non seria”, scrisse Ennio Flaiano in uno dei suoi taccuini. Ed è la frase a cui ho subito pensato seguendo gli sviluppi della crisi di governo in corso. Salvini, dopo aver dato fuoco alle polveri, sembra essere rimasto col cerino in mano. Fatto che, trattandosi di un piromane istituzionale, in ogni caso non dovrebbe tranquillizzarci.

Il ministro dell’Interno, infatti, dopo aver annunciato la fine del governo giallo-verde si aspettava le dimissioni del presidente del Consiglio. Ma non ci sono state. Anzi, il presidente Conte, che molti commentatori descrivevano come poco più d’un maggiordomo dei due vicepremier, ha dimostrato di avere carattere, oltre che senso delle istituzioni (qualità sempre più rara) decidendo di andare a vedere, senza paura, le carte del capo della Lega. Allora Salvini, forse un po’ spiazzato (che credesse anche lui alla teoria del maggiordomo?), ha fatto presentare una mozione di sfiducia allo stesso governo di cui fa parte, senza dimettersi e senza che si fosse dimesso un solo ministro leghista. Fermandoci qui, già avremmo sufficiente materiale per colmare la misura del ridicolo. Ma stiamo parlando di gente cui il senso della misura, evidentemente, difetta.

Dapprima convinto che in Parlamento non fossero possibili soluzioni a lui alternative, il ministro dell’Interno ha dovuto invece mettere più volte le mani avanti lanciando anatemi contro lo spettro di quel che lui definisce “inciucio”, dichiarando che sarebbe vergognoso se al governo andasse chi ha perso le elezioni. (È qui che qualcuno avrebbe dovuto fargli notare che, alle elezioni politiche, la Lega è arrivata soltanto terza, dopo M5S e Pd. Ma questi sono soltanto fatti, dati oggettivi: insomma, la verità, quella autentica: mica la tanto amata post-verità).

Di fronte alla fermezza di Conte, alla durezza della reazione pentastellata, al rifiuto di Forza Italia di suicidarsi in un listone salviniano e, soprattutto, di fronte alle voci di un possibile accordo tra M5S e Pd – malgrado smentite e divergenze che, in politica, hanno sempre più sfumature di quante se ne colgano a una prima occhiata – Salvini adesso ha fatto una mezza marcia indietro, riaprendo a un’intesa con il Movimento. Chiarendo così a tutti qual è la prospettiva a lui più propizia: l’immediato scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate in autunno. Già il fatto che nel Pd, come nel M5S, da alcune parti, per quanto minoritarie (ammesso che siano davvero minoritarie), si siano aperti canali, se non proprio di dialogo, diciamo, di ipotesi di dialogo, è bastato a rompere le uova nel paniere salviniano.

Ma Salvini ci fa, non ci è. Sottovalutarlo sarebbe un’imperdonabile imprudenza. Dal momento in cui, nel voto parlamentare sulla calendarizzazione della crisi è andato in minoranza grazie ai voti, coesi, di M5S e Pd, il ministro dell’Interno sta preparando il suo piano B. E non è per niente scontato che la Lega, nei prossimi giorni, a partire da martedì 20 agosto, voti a favore della mozione di sfiducia da essa stessa presentata. Se non lo facesse, infatti, il cerino della crisi passerebbe nelle mani dei 5S, che si troverebbero nella scomoda posizione di dover scegliere tra restare avvinghiati a quello che, ormai è chiaro anche a loro, è un abbraccio mortale con la Lega, oppure avviare quella delicata operazione politica che Salvini avrebbe buon gioco a definire come “un ribaltone”, scontentando, in entrambi i casi, almeno una delle anime maggioritarie che compongono il variegato universo pentastellato. Ma questa, signori, è la sfida della politica. Una sfida che può essere vinta soltanto con intelligenza, buona volontà e senso dello Stato.

Per la sua storia e per la sua vocazione, il Partito Democratico, in tutta questa situazione delirante, è chiamato a rappresentare l’alternativa razionale, affidabile, competente. E quando dico alternativa lo intendo in tutti i sensi possibili. Non soltanto in termini di rappresentanza o di governo, ma anche di approccio, linguaggio, ideali e obiettivi. Di fronte a una simile degenerazione, in cui le forze di governo non esitano – avendo a cuore soltanto il proprio interesse elettorale – a spaccare il tessuto sociale del Paese, esponendo la nostra fragile economia agli avvoltoi della speculazione che si avventa contro chi si dimostra politicamente instabile ed economicamente immobile, qualcuno dovrà pur dare l’esempio e indicare la via della responsabilità e della dignità istituzionale. E se non lo fa il Pd, allora chi? Se non lo facciamo adesso, allora quando?

Mario Salis

Segretario Circolo PD Alghero